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Produzioni piccole, smaccatamente italiane, con i soliti attori, ma che di tanto in tanto ci regalano discrete interpretazioni.

Così “Figli delle stelle”, scelto senza troppo pensare a chi/cosa/come, si rivela a tratti un classico: basti pensare (una volta visto) al personaggio-vittima interpretato da Favino o all’ex Olimpico di bob che appare nello sviluppo del plot.

Un film in questo momento necessario, quasi medicinale: usciamo da un periodo davvero brutto, verso una difficile rinascita in cui il poco tempo che rimane fuori dalla routine viene dedicato alle grandi diffuse tristezze di questi giorni che si spera finiscano al più presto.

Ridiamo amaramente e tiriamo avanti (o quantomeno proviamoci).

Nel suo vestito bianco e nero, di un tessuto ondulato e crespo, giace l’ombra di una persona: il VHS è ben chiaro in questo e non lascia speranza se non nello sguardo sconfitto e labilmente carico di speranza del suo compagno.

Il mostro ha colpito duro e camminare sul ciglio è sempre più complesso, con due gambe che non ci sono se non come semplice supporto. Vani i tentativi di recupero di equilibrio attraverso intrugli e lunghe dormite: Morfeo è il pericolo più grande, quando si aprono gli occhi ma non si vuole vedere niente.

Nella difficoltà del periodo, lungo o breve che sia, con un semplice abbraccio e tanta complice intimità, si comprende che non sempre l’uomo è una cinica bestia, una isolatissima oasi di egoismo e che dopotutto c’è del bene in ognuno di noi, se solo avessimo il tempo di capire ed accettare, prostrandoci e annullando le nostre difese.

Così nel film un ragazzino impatta e sopravvive alla realtà costruendosene una propria giocosa ed ideale, così nella pellicola una donna ingoia l’amarissimo sgarbo di un debole essere, così una mamma nella realtà chiede aiuto ed un empatico gruppo di persone rende l’ovvio, straordinario.

Una luna fa, la neve mi ha svelato il perchè: un perchè su tutto, ansie, periodi no e frustrazioni. Così mentre gli altri in paese urlavano divertiti, la mia pala scavava a fatica il sentiero verso il bosco, per aprire nuove vie di risate ed allegria: mai sudore più dolce, mai fruscio più corroborante. La testa fredda ed i piedi bagnati, ad ogni passo avanti, tre indietro scivolando, ridendo della fatica e della frenesia della giornata, perchè il bianco tutt’attorno non voleva far altro che illuminarmi, liberarmi di ogni vincolo e dopotutto, finalmente sorridere con gli occhi. Una regressione psicofisica di almeno una quindicina di anni, senza un solo minuto di pausa, se non per fermarsi ad osservare gli effimeri fiocchi ed ascoltare il loro sordo tonfo. Ed il cuore accelera, le parole volano senza filtri, mentre lo sguardo spazia nell’arancione riflesso della città sul nevoso candore notturno: eventi da narrare, emozioni da tramandare, affinchè nulla si perda, affinchè il senso dell’attesa e la gioia della sorpresa non muoiano mai.

  

  

  

  

  

  

Cinque orette da buttare penso le possa avere chiunque nell’arco di un paio di mesate: buttatele in Limbo e passerete dei bei momenti, magari con una persona neofita di videogames affianco che vi aiuti nei passaggi più ostici con consigli e suggerimenti, visto che quattro occhi su uno schermo son sempre meglio di due, per un divertimento condiviso e reale.

Limbo è un semplicissimo platform che nasconde nel buio bianco e nero della grafica un gameplay da far invidia alla più barocca console o al più cervellotico strategico: enigmi diretti e immediati da risolvere ragionando e premendo solo sei tasti (frecce direzionali, salto e azione) come qualsiasi caro vecchio Super Mario, forse anche meno complesso.

E’ proprio il caso di dirlo: “quando il meno è più”, sbattendo questo minimalista capolavoro in faccia a tutti coloro che hanno una visione videoludica incentrata su frizzi e lazzi.

O forse inizio ad essere vecchio per i gamepad?

It has been said that the very different characteristics of each season have refined our culture and aesthetics.

La cultura è in frantumi e l’estetica si è svilita ad appariscenza forzata: 26 Novembre, 15 gradi, e dovrebbe essere Inverno.

When you live in the mountains your relationship with them starts right at your door shoveling snow.

La difficoltà per rendere speciale il banale: rimarranno quelle sveglie un’ora prima del previsto per scendere a spalare la neve dalla rampa di ingresso alla nostra casa, isolati dal mondo ma cullati dalla bufera bianca, col rischio di dormire con 11 gradi mentre il caminetto ancora crepita ed il gatto ci attende famelico al riparo dalla neve.

When you look at their line or their spray, it captures the essence of who that person is.

Scendi nello stesso punto sci ai piedi, da ormai 30 anni ed ogni volta ti giri per osservare le tue tracce e bearti del vento che le accarezza. Poi di nuovo su a cercare nuovi passaggi su un’unica immacolata tavolozza da personalizzare. La più effimera delle arti, il più grande divertimento, la materializzazione della felicità.

And so, powder snow is only a part of the whole experience.

Smetterla di prendersi inutilmente sul serio, giocare per scoprire, rifuggendo per sempre dalle false comodità o dall’inseguimento delle stesse.

Un fumetto così fotografico da essere film, dove i singoli piccoli protagonisti colorano le scene con le loro mise da scolari in una Francia idealizzata ai limiti di un modellino in scala.

Sin dai titoli (tecnicamente tra i più belli che mi sia capitato di vedere), gli adulti vengono limitati ad un ruolo di comiche spalle grottesche, fonte delle vicissitudini perlopiù costruite su misinterpretazioni infantili nella mente del Nicolas del titolo: la storia è narrata dal punto di vista del bambino dalla maglia rossa, pallido e gracile, a tratti ingenuo, ma ben determinato nel superare ogni ostacolo che si frappone tra lui e la scontata felicità, vissuta ogni giorno con la giusta leggerezza, consona con la giovane età.

Una colorata raccolta di vicende, di una variopinta moltitudine di bimbi e grandi, fino al ramato culmine dei riccioli di una inattesa sorella e la delusione gelosa nei confronti del nuovo arrivo. Piace pensare che se si potesse far scorrere il rullo sin dopo i titoli di coda, vedremmo, senza ombra di dubbio, gli occhi di Nicolas ridere come mai prima: di fatti, a quell’età, non c’è esperienza migliore che crescere una piccola lei.

Casa in costruzione, conto a zero e tanta pressione: tornerò a vivere e postare.

Non si tratta di qualcosa da vedere a tutti i costi, essendo di fondo soltanto un montaggio piuttosto rapido delle miriadi di vicissitudini, lecite o illecite, che riguardano il nostro attuale presidente del consiglio, tutto abbastanza visto e rivisto che a tratti appesantisce le palpebre per noia, ma pensare di poter lasciare a memoria dei nostri posteri un collage del genere li farà, si spera, sentire sicuramente fortunati di vivere sotto il governo di qualcun’altro.

Il berluscone nazionale ne esce quasi caricatura di se stesso, ormai preda di sbalzi ormonali incontrollabili e per questo forse definitivamente simpatico: fa ridere, è innegabile, ma come farebbe ridere un Paperino qualsiasi, peccato sieda nel posto più in alto che il nostro mondo politico permetta. I sorrisi mutano quando ci si rende conto di essere governati da Donal Duck e una claque di leccapiedi acquistati nel tempo attraverso una fonte inesauribile di risorse economiche.

La sua mise da cazzaro trascendentale non lo farebbe sfigurare in una qualsiasi televendita, rendendolo capace di giostrare enormi folle attraverso il sempiterno panem et circenses (a fatica mi riservo ogni commento fascista sulla levatura intellettuale di tali folle): vende financo la sua stessa figura venendo fuori da qualsiasi impasse con arzigogolate dichiarazioni e urla di mussoliniana memoria.

Onore al mercante e imbarazzo per i sostenitori.

RICCHIONI! CANALE UNO!

Non è un cartone animato, nè tantomeno un esercizio di stile 3D come molte delle ultime realizzazioni Pixar e compagnia: è un capolavoro, senza mezzi termini la miglior produzione animata (e forse anche non animata) degli ultimi 20 anni, ciò nonostante alle spalle incomba il buonismo Disney che tanto diabete ha causato a generazioni di bambini.

L’avvio di "Up" andrebbe nominato ogni qual volta si accenni a questo o a quel film drammatico/romantico, anche con attori in carne e ossa, stracciati dal pathos dalle scene da diorama multicolor dei primi minuti.

La costanza dell’anziano protagonista poligonale, la forza dei sogni condivisi con la propria dolce metà, commuove senza bisogno di dialoghi o trovate musicali Disneyane: la scrittura è più che perfetta, affatto infantile o per infanti, sovrastando qualsiasi possibile difetto o pecca manieristica.

Non mancano le spalle comiche, ma passano in secondo, terzo piano rispetto alla poesia del viaggio narrato, dal finale giustamente buono e prevedibile, che una volta tanto ci trova positivamente d’accordo, completamente rapiti dalla moderna favola.

Non siamo di fronte, nè alla Natalizia bontà de "Alla ricerca di Nemo" nè tantomeno di fronte alla facilità assimilativa, quasi superficialotta, di uno "Shrek" qualsiasi: è altro, realmente mai visto prima; è la storia di un’amore come non ce ne sono più, oltre il tempo e lo spazio, da far vedere e rivedere ai nostri figli per liberarli dagli schemi relazionali attuali.

"Up" restituisce il perduto coraggio di piangere, di gioia o di malinconia.

Sperando che si possa non acquistare il digitale terrestre e smetterla di buttare soldi per il canone RAI, sento di dover spezzare una lancia a favore del tubo catodico a causa del seguente programma: Il Testimone (MTV Italia).

Pif, ex Iene, porta con leggerezza e facilità ogni stregua di argomento sotto gli occhi di tutti con la sua telecamera soggettiva, restituendo una visione ben più vera di ogni altro show di approfondimento giornalistico a là Report o Presa Diretta (comunque decenti), essendo esente dal difetto della drammatizzazione a tutti i costi della notizia o dello scenario descritto.

Orfani di reti gratuite come TMC2 e la prima MTV, riempite davvero di gran bei programmi documentaristici, musicali e non, il buon Siculo è referente di questa piccola oasi telematica, in un deserto piatto e statico, con rari rivoli d’acqua fresca che sgorgano da Raitre e La7.

Per il resto, buio, al più presto per favore.