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Qualcosa si è rotto o qualcosa manca: si è rotta la voglia adolescensiale di musica a tutti i costi o manca in questo istante la libertà totale di muoversi nel proprio tempo? Fatto sta che davanti a battiti di cassa dritta il freddo interiore si espande, costringendoci a lasciar su il giubbino mentre attorno c’è chi si sbraccia sudando e bevendo ogni singola goccia.

Sbaglio io o sbaglian loro? Sono vecchio in maniera ingiustificata o è la giusta e corretta conseguenza del crescere? Preferisco rinunciare e senza oppormi l’inedia mi trascina verso una tanto detestata vita da impiegato da cui ero ben sfuggito in passato: così per il primo anno provo un dolore di tanto in tanto al ginocchio destro, stare in piedi mi stanca, stare seduto mi annoia, stare disteso mi fa sentire pesante, non sopporto più guidare e vorrei tanto oppormi allo scorrere veloce dei weekend, accelerando allo stesso tempo le settimane. Al primo mal di schiena sarò come già morto.

Desidererei a questo punto invece una esistenza postrock, con esplosioni dal Venerdì sera all’alba del Lunedì, ma non in solitaria, mai, ora che, chi mi trovo accanto, è assoluta necessità e bisogno in ogni attimo della giornata.

Travolto e stravolto da pensieri e stress lavorativo analizzo e razionalizzo la musica trasformandomi nel peggior critico ed è così che rivaluto l’esibizione dei Caribou nel loro lisergico viaggio sensoriale, nonostante la poco celata confusione sonora, svalutando allo stesso tempo un troppo scolastico Four Tet, alternandosi tra nere orbite oculari da killer e disarmanti sorrisini boy-scout.

Nulla da fare, la mente è troppo occupata per capire che in realtà è stato tutto molto bello in quel del Link a Bologna, tra viaggio amarcord musicale ed esplorazione nella nebbia: pensieri che deviano le mie passioni, è una fase che avrei evitato volentieri…

Elettronica: non metto scaletta.

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Ottobre: brava Vale.